Le figurine di Radiospazio. La lanterna magica

Più di ogni altra cosa desideravo un proiettore. L’anno precedente ero stato al cinema per la prima volta e avevo visto un film che trattava di un cavallo, credo s’intitolasse Il bel nero. Per me fu l’inizio. Fui assalito da una febbre da cui non guarii mai più. Sono passati sessant’anni, non è cambiato niente, è la stessa febbre.
Venne il Natale, e con esso venne anche il proiettore. Ma fu mio fratello a riceverlo.
Io cominciai a ululare, fui sgridato, e mi precipitai nella camera dei ragazzi, imprecai e maledissi, infine mi addormentai per il troppo dolore. Più tardi, in serata, mi svegliai e presi una rapida decisione, svegliai mio fratello e gli proposi un affare: i miei cento soldatini di stagno in cambio del proiettore. L’accordo fu raggiunto con reciproca soddisfazione.
Il proiettore era mio.
L’apparecchio era corredato da una pellicola color seppia (35 mm), lunga circa tre metri, i cui capi erano incollati a formare un cerchio perpetuo. Sul coperchio c’era un’indicazione: il film s’intitolava «Frau Hölle». Chi fosse questa Frau Hölle non lo sapeva nessuno.
Il giorno successivo mi ritirai nel guardaroba, sistemai il proiettore e inserii la pellicola.
Sulla parete si presentò l’immagine di una giovane donna. Quando girai la manovella (e qui non posso spiegare, non posso trovare le parole per la mia eccitazione, in qualsiasi momento riesco a rievocare l’odore del metallo riscaldato, quello di naftalina e polvere del guardaroba, la manovella a contatto con la mia mano, il rettandolo tremolante sulla parete).
Girai la manovella e la ragazza si svegliò, si mise a sedere, si alzò lentamente, tese le braccia, girò su se stessa e scomparve verso destra. Se proseguivo a girare lei era di nuovo là e ripeteva esattamente gli stessi movimenti.
Si muoveva.

Ingmar Bergman, Lanterna magica, Garzanti

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