La signora di Fuchier si avvicinò al microfono. Insicura e goffa, mosse nervosamente una chiavetta per qualche secondo, fino a quando le riuscì di sistemare l’aggeggio all’altezza della bocca. Infine parlò:
“Mio caro pubblico, molte grazie. Innanzi tutto, voglio chiarire che non sono una grande attrice, come ha appena finito di affermare il mio caro amico, il maestro di cerimonie. Non sono nemmeno un’attrice. Certamente mi piacerebbe esserlo e potervi regalare di frequente alcuni minuti di allegria; ma, ecco, penso che l’arte sia qualcosa di molto difficile e tremo davanti alla sola idea di trovarmi davanti alla cinepresa, tutti i riflettori addosso, come se stessero per fucilarmi. Suppongo che sarebbe questa la sensazione. Non so quindi, davvero, perché lui ha affermato che sono una grande attrice. Non soltanto, un’attrice, badate, ma una grande attrice. Vorrei tanto che fosse vero perché nonostante tutto, ecco, sento una forte attrazione per il palcoscenico. A scuola sono già passati diversi anni, avevamo una piccola compagnia e rappresentavamo pastorelle bellissime, come ben potete immaginare, ma non riuscii mai a vincere la mia timidezza, e appena mi trovavo davanti al pubblico le idee mi fuggivano chissà dove, e sudavo perché mi rendevo conto che tutti mi osservavano come se fossi nuda, e poi non sapevo più se stavo recitando la parte della pastorella, della pecora o del Bambin Gesù. Pensate un po’. Quando dimenticavo la mia parte proprio perché mi trovavo lì; quel che mi veniva in mente era di inventare qualcosa e parlare, parlare di qualsiasi cosa pur di non stare zitta come una scema. Ecco, per questo vi prego di credere che chi sta per parlarvi sia un’artista, come si dice, consumata.”
Si ascoltarono in sala deboli applausi tra mormorii di impazienza. Un signore magro si rivolse alla moglie e le sussurrò: «Ma chi è questa qui?»
Augusto Monterroso, Non voglio ingannarvi, Edizioni Zanzibar