Christian Raimo. Perché Salvini ha vinto e come combatterlo (Minima&Moralia)

Salvini è riuscito a inventarsi quella che Laclau chiamerebbe unaragione populista sfruttando tre debolezze della democrazia italiana. Il suo è un populismo triplice. Ha polarizzato il campo politico lungo tre fronti, costruendo un significante vuoto all’intersezione di ognuna di queste. Buonsenso vs intellettuali, italiani contro stranieri, virilismo contro “buonismo” e “femminilizzazione”.

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Galleria. Il viaggio

Col tempo, era diventato sempre più complicato partecipare ai congressi di parapsicologia per i quali continuava a ricevere inviti pressanti, anche dieci, quindici al mese. Mentre si trasferiva verso Amsterdam, pensava che forse quella sarebbe stata l’ultima volta: non per la fatica, ché non gli pesavano i trasferimenti, ma per via di sua moglie che era diventata asfissiante:
– Perché non posso venire anch’io?
– Te l’ho detto: è previsto solo vitto e alloggio, non il viaggio.
– Ma dal momento che il tuo viaggio non costa, potrebbero rimborsare il mio. Non è logico, c’è qualcosa che non torna.
La moglie era asfissiante ma sapeva leggere fra le righe.
Aveva intuito, o forse aveva colto qualche indiscrezione riguardo a Elzbieta Mazur, una criomante polacca molto richiesta perché riusciva a creare degli smisurati blocchi di ghiaccio dal nulla. Quella tresca con Elzbieta era nata per caso a Parigi, a un grande convegno internazionale di parapsicologia estrema: lei aveva materializzato un grande iceberg in mezzo al piazzale e lui lo aveva sorvolato compiendo le più spericolate acrobazie che gli dettava un innamoramento fulmineo. Da quella volta, i convegni erano diventati altrettante occasioni per incontri roventi quali l’algida criomante non aveva mai conosciuto. Da tre anni andavano avanti come in uno sceneggiato a puntate più o meno mensili, poi Elzbieta aveva incominciato a lamentarsi che quel rapporto era troppo saltuario e a fare progetti di vita insieme; questo pensiero era diventato ossessivo, e la produzione di ghiaccio ne aveva risentito: ormai riusciva a materializzare solo dei cubi piuttosto modesti, poco più grandi di quelli del frigorifero; anche lui era diventato più distratto: a volte non si concentrava abbastanza e atterrava a parecchi chilometri dalla destinazione.
Quel giorno, mentre si dirigeva verso i Paesi Bassi, pensò che quella sua svagatezza era un segnale e decise di affidarlesi per vedere dove l’avrebbe portato.Quando avvistò Amsterdam chiuse gli occhi e svuotò la mente. La città scivolò via come su un tapis roulant . Lasciò poi che scorressero anche Bruxelles, Lione, Grenoble. Quando riaprì gli occhi, era a pochi chilometri da Marsiglia. Si vedeva già il mare. Li richiuse subito e si disse che li avrebbe riaperti solo dopo molte ore.

Daniele Balicco, Sull’Europa e su tutto quello che potrebbe ugualmente essere (Le parole e le cose)

“Il continente europeo è un gigante economico e un nano politico. L’insieme della ricchezza lorda prodotta dalle sue 28 economie nazionali, ne fa, conti alla mano, la prima potenza economica del mondo. E nonostante negli ultimi decenni si sia attuata un’aggressiva dismissione delle forme di welfare pubblico, quanto meno nei Paesi fondatori resistono ancora tracce di quel compromesso socialdemocratico fra capitale e lavoro (ospedali pubblici, istruzione gratuita, previdenza e ormai poco altro) del tutto inesistenti altrove.”

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Galleria. I tre

Avevano vinto, era incontrovertibile, lo attestavano tutti quei numeri incolonnati, in neretto. Ma erano troppi e troppo difficili da interpretare, così, per sicurezza, avevano telefonato al Centro Raccolta Dati. La voce della Direttrice non era affatto cordiale, forse perché avevano già chiamato cinque volte – si era lasciata scappare anche un “Cristo!…” quando aveva sentito che erano ancora loro. Uno dei tre disse: «Non sembrava contenta.» Un altro disse: «Dev’essere una stronza.»
Calò un certo silenzio, finché il terzo disse:
– Dal momento che abbiamo vinto, come dicono tutti, forse dovremmo andare a bere un bicchiere.»
– E perché?
– Ho sentito dire che si usa così.
Come la Direttrice del Centro Raccolta Dati, nemmeno il barista sembrava contento, forse perché il locale era vuoto. Chiesero tre drink. Il barista servì loro un liquido dal colore indefinibile.
– Non è che sa di molto, questa roba.
– Ci sono troppi baristi disonesti a piede libero, bisognerebbe farli arrestare.
Uscirono e salirono al quinto piano del Palazzo fino a quella che era chiamata la Saletta Direttoria.
Notarono che era priva di sedie e di attaccapanni. Dovettero esultare in piedi.

Dal Medioevo alla Street Art. Intervista a Basik (Artribune)


“Lucio Basik Bolognesi, attivo fin dagli inizi degli Anni Novanta come writer, ha sviluppato, nel corso del tempo, il suo stile, passando gradualmente dalla vernice spray a una gamma più ampia di mezzi, mescolando elementi del suo background con l’arte medievale e del Rinascimento, ispirandosi anche a movimenti d’avanguardia nell’arte moderna e contemporanea.”Leggi il resto dell’articolo: https://www.artribune.com/arti-visive/street-urban-art/2019/05/intervista-basik/

Gilda Policastro. Per Nanni Balestrini (Le parole e le cose)

Nanni Balestrini è stato il più grande inventore del Novecento letterario. E ha continuato a inventare anche negli anni Duemila, sperimentando col linguaggio, anzi coi linguaggi: il vero oggetto di tutta la sua ricerca verbovisiva e della sua continua ridefinizione del campo poetico (sin da Linguaggio e opposizione, il suo primo testo di poetica, del ’60, pubblicato in calce ai Novissimi). Scoprendo, anticipando, contaminando esperienze, arti, territori, orizzonti fisici e virtuali, ostile solo all’aspetto convenzionale, sclerotizzato, comunicativo dell’arte.

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Per ricordare Nanni Balestrini. “La signorina Richmond”

E’ difficile ricordare Nanni Balestrini citandone una sola opera. Abbiamo scelto una delle ballate della Signorina Richmond (1977). nella quale riaffiora la scrittura delle prime raccolte di versi (“Il sasso appeso”, ad esempio), caratterizzate non soltanto dallo sperimentalismo linguistico ma anche da una elegante, impassibile ironia. Militante, si diceva, ma non solo in senso strettamente politico: chi lo ha conosciuto può testimoniare la sua attenzione (appunto militante e persino umile – lui poeta precocemente “laureato” con l’antologia dei Novissimi) per la letteratura giovanile degli anni Sessanta.

La signorina Richmond affronta un altro tema brechtiano
con parecchi cattivi esempi

Quel giorno al signorina Richmond
andò da Rosa e le disse
io voglio partecipare alla lotta
delle classi ammaestrami

Rosa le disse siediti
la signorina Richmond si sedette
e chiese come devo combattere?
chiunque sta dalla parte del popolo

rivoluzionario è un rivoluzionario
chiunque sta dalla parte dell’imperia
lismo e del capitalismo buro
cratico è un controrivoluzionario

Rosa rise e le disse
stai seduta bene? non so disse
la signorina Richmond stupita
in che altro modo dovrei sedermi?

Rosa glielo spiegò ma
disse la signorina Richmond impaziente
io non sono mica venuta qui
per imparare a stare seduta


chiunque sta dalla parte del popolo
rivoluzionario solo a parole
ma agisce diversamente
è un rivoluzionario a parole

lo so tu vuoi imparare a combattere
disse Rosa pazientemente
ma per fare questo tu devi
stare seduta bene perché adesso

per l’appunto noi stiamo seduti
e vogliamo parlare seduti
la signorina Richmond disse
chiunque sta dalla parte del popolo

rivoluzionario non solo a parole
ma anche con le azioni
è un autentico rivoluzionario
se si aspira a assumere

la posizione migliore e a tirare
fuori il meglio da quello che c’è
insomma se si aspira al godimento
come si fa allora a combattere?

guardati intorno disse Rosa ridendo
c’è chi assume la posizione peggiore
si battono i colpi e si leva il sipario
e Fortini corre subito a schierarsi

come sempre dalla parte sbagliata
rivive i tempi degli schieramenti
insomma non aspira al godimento
come fa allora a combattere?

Giorgiobocca si sa è un rigorista
che i valori e i miti borghesi
del lavoro ben fatto del profitto
del successo della disciplina puritana

dell’orgoglio professionale invoca eterni
insieme a chi lo paga contro il niente
delle rivoluzioni finte o impossibili
insomma non aspira al godimento

il compagno Fofi si sa è un rigorista
convinto che l’orgasmo è decadente
si masturba di nascosto dalle masse
come fa allora a combattere?

Asorrosa palindromo è un vero rigorista
la teoria dei bisogni che nasce da
questo magma sociale dice che deve per
forza contrapporsi ad ogni tentativo

di ricondurre a un quadro coerente e
unitario le spinte diverse e spesso dra
mmaticamente contraddittorie che fanno o
stacolo alla soluzione dei problemi po

litici e economici del paese non si
tratta infatti n questa ottica
di creare una società nuova in
somma non si aspira al godimento

tutti a ridere invece quando appare
il Profferarotti torturato dai nazisti
e coi coglioni illividiti balza
sull’attenti se telefona l’Espresso

sbuca Alberoni scarso rigorista
vede stati nascenti ma non vede
la trave nel suo occhio che non vede
quello che sta nascendo dove va

ma Rossananda invece è rigorista
la fa parlare l’ostinazione di chi
non si rassegna a vedere il pici
e il sindacato non solo impegnati

a distruggere altri ma le basi della
sopravvivenza propria e lei lavora tena
cemente per la crisi della loro linea poi
lei neppure aspira al godimento

infine Berlingotti l’ultrà rigorista
che non ama il lassismo dei costumi
che è convinto che gli studenti
debbano ricominciare a studiare

con la serietà dei vecchi tempi
che considera con sospetto il gran parlare
che si sta facendo da qualche anno
sulla rivalutazione delle devianze

sulla vita come gioco e piacere
sulla produttività che non deve
essere considerata un valore primario
ecco il campione dell’austerità

Rosa tirò giù il sipario e disse
ma se non si aspira al godimento
ma se non si vuole tirare fuori
il meglio di quello che c’è

e se non si vuole assumere
la posizione migliore nella
situazione in cui ci si trova
perché allora si dovrebbe combattere?

Galleria. Notturno e oltre

La prima volta che li aveva visti, così incollati davanti al cancello della grande villa proprio di fronte a casa sua, se li era studiati perbene, soprattutto lei, perché gli sembrava di conoscerla, anche se non ne era sicuro – poteva essere una D’Ambois, cioè una delle signorine villa? Sarebbe stato un bel colpo per quel tizio. Farsi una D’Ambois alla sua età (quanti anni poteva avere? al massimo venticinque) voleva dire sistemarsi per sempre: entrare nel Consiglio d’Amministrazione della famiglia, eccetera. Ma era stato un abbaglio, nessuna delle D’Ambois era così carina; e poi, che senso aveva sbaciucchiarsi mezz’ora davanti al cancello di casa propria? Tutti sapevano che in un angolo del parco c’era un’alcova a più stanze dedicata ai piaceri delle ragazze D’Ambois – quel porco del vecchio patriarca era di larghe vedute, forse per farsi perdonare di tutte le ragazze che le figlie avevano dovuto chiamare mamma, nonostante alcune fossero più giovani di loro.
Dopo quella prima volta, i due erano ricomparsi puntualmente alla stessa ora, l’una e un quarto di notte, tanto che lui aveva preso l’abitudine di dare un’occhiata fuori dalla finestra prima di coricarsi e di verificare che quei due ci fossero, così come alcuni non possono andare a dormire senza aver controllato i rubinetti del gas.
Si era poi sposato, ma il matrimonio non aveva mutato quella sua abitudine che nel tempo era diventata una necessità. Qualche volta sentiva la voce fioca della moglie, già pronta per la notte, che giungeva dall’altra camera: «Non vieni a letto?». «Ancora un attimo, devo prima sbrigare una cosa», e magari passava più di un’ora. Oppure, se si coricava presto, guardava all’improvviso la sveglia, si alzava e correva alla finestra. Quando il suo matrimonio incominciò ad appassire (piuttosto presto, a dire il vero), i suoi sentimenti verso i due della cancellata (così li chiamava in cuor suo) si inasprirono: «Chissà cos’avranno da baciarsi così?», si chiedeva con una brutta voce da vecchio, quindi tornava a letto e guardava la moglie addormentata cercando di ricordare se e quando l’aveva mai baciata (o era stato baciato da lei). Si avvicinava a quel corpo sposato e inerte, ne osservava la bocca da molto vicino notandone le crepe entro le quali si annidava sempre qualche incrostazione del rossetto del giorno. «Escludo di aver mai baciato qualcosa di simile.» Ormai quella brutta voce da vecchio gli si era incollata addosso (non era un raffreddore, come aveva pensato in un primo momento), e di conseguenza anche i suoi pensieri erano pensieri da vecchio, ma di quei vecchi avari che lesinano su tutto, dalle monetine alle  ore, ai minuti. Sul tempo, era diventato intrattabile. Se la moglie incominciava a dirgli qualcosa, subito le chiudeva la bocca: «Sbrigati, vieni al punto, non ho tempo da perdere!» – che poi non se ne faceva niente, del tempo, si limitava a fare la guardia, come una stupida sentinella davanti a una grossa tana in cui non si nasconde nessun animale.
Per i due della cancellata, invece, il tempo era l’ultima delle preoccupazioni. Continuavano a baciarsi come la prima sera. Impossibile dire quanti anni fossero passati. Svariati, molti decenni. Una sera decise di aprire la finestra e vide la sua mano coperta di quelle macchie che gli facevano tanto senso, da bambino, sui parenti arrivati al capolinea. E vide le grinze sulle nocche e sul dorso. E sentì che la sua mano faticava ad aprire la finestra come se dovesse manovrare chissà quale argano enorme. E percepì un’aria fredda sul viso – non era uno zefiro di primavera, come avrebbe detto guardando i due giovani, ma una lama di gelo che lo colpì sul viso. E disse ai due della cancellata: «Buonasera.», sempre con quella sua brutta e vecchia voce che voleva essere sarcastica. E i due smisero per un attimo di baciarsi e si guardarono in faccia. E lui lesse sui loro volti lo stupore prima e il disgusto poi. Ma siccome erano giovani educati, ancorché sbigottiti, gli risposero: «Buonasera.»
E fu allora che lui prese a sbriciolarsi come una vecchia rosa che il tempo ha dimenticato da troppi anni in un vaso senza acqua. Fu spazzato via, la mattina seguente, dalla donna di servizio, che naturalmente non l’aveva riconosciuto.

Roberta Errico, Il legame fra Maria Callas e Pasolini dimostra che l’arte sopravvive anche alla morte (The Vision)

“Nel 1968 il regista e poeta Pier Paolo Pasolini è in procinto di girare il suo nuovo film: Medea. La Medea dell’intellettuale friulano si ispira alla storia della sacerdotessa originaria della Colchide le cui gesta furono inscenate dal drammaturgo greco Euripide, ma Pasolini intende utilizzare la storia di Medea per raccontare una tragedia moderna: il terzo mondo, primordiale e legato ai suoi riti ancestrali, che incontra il cinismo della civiltà occidentale.”

Leggi l’articolo: https://thevision.com/cultura/maria-callas-pasolini/

Umberto Galimberti, Il declino della convivenza. 3′


“La convivenza con sé stessi è, secondo Galimberti, quella più difficile: il tempo libero dal lavoro che dovrebbe essere quello da dedicare all’incontro con sé stessi viene dedicato invece alla distrazione, perché la convivenza con se stessi è diventata una cosa difficile. La controprova per esempio è il declino della psicanalisi che fa conoscere sé stessi e oggi nessuno ha il tempo per questo. Forse non siamo nemmeno interessati a sapere chi siamo.”

http://www.filosofia.rai.it/articoli/umberto-galimberti-il-declino-della-convivenza/38224/default.aspx

Andrea Cortellessa, Maurizio Cattelan, Il Belpaese (Le parole e le cose)

“Sebbene Il Bel Paese sia opera in effetti di formato piuttosto grande (ha un diametro di tre metri), non sorprenderà a questo punto che sia a tutti gli effetti un’Italia in miniatura, come quella compiaciutamente stereotipata che dal 1970 intitola un parco a tema di Rimini, quella fatta intrecciare da Cattelan sul tappeto circolare posto al piano terra del Castello di Rivoli (in modo che i visitatori debbano, per accedervi, calpestarne l’icona): che riproduce infatti l’etichetta del formaggio omonimo, brevettato nel 1906 da Egidio Galbani” …………………

Leggi il resto dell’articolo: http://www.leparoleelecose.it/?p=35470#more-35470

Galleria. In silenzio

Si era sempre raccomandato, forse l’aveva anche lasciato scritto: «Per le esequie, non state a spendere, sono soldi buttati. Fate una cerimonia stringata, semplice, e soprattutto intima; se c’è una cosa che non sopporto sono i dolenti abusivi, quelli che s’infilano nei funerali per dividere a scrocco la torta del dolore altrui.» L’avevano preso in parola. Oltre al prete, c’erano quattro amici che si erano offerti volontari per la bara (ed era già un bel risparmio), un fratello inutile col quale non si vedevano da dieci anni (però era sembrato brutto non dirgli niente), la vedova e la cognata (che avrebbe potuto anche starsene a casa, ma pazienza). Insomma, non si poteva lamentare, le sue volontà erano state rispettate, o meglio lo sarebbero state se all’ultimo momento non fosse comparso Samuel che, con la sua discrezione sempre così irritante, si era messo in fondo al piccolo corteo. Samuel era l’amico spirituale di sua moglie e, in quanto tale, aveva causato numerosi piccoli screzi, anzi, a ripensarci si poteva dire che aveva prima corroso e poi avvelenato del tutto il matrimonio, perché un amico spirituale è più difficile da gestire di un amante. Le sue piccole attenzioni, i suoi calembour che la facevano ridere, gli innocenti segreti che i due si scambiavano a mezza voce (alla luce del sole, del tutto innocenti) erano altrettante torture quotidiane, ma di quelle raffinate e inattaccabili. Affrontare la cosa di petto, neanche parlarne: a questionare su una faccenda spirituale c’è sempre da passare per paranoide, forse addirittura per empio, perché tutto ciò che attiene allo spirito gode di una sacrale immunità. Non restava che tacere, ed era stato un silenzio di svariati anni che adesso finalmente andava a confluire in un silenzio definitivo. Rimaneva un ultimo, raccapricciante pensiero: e se la moglie avesse avuto la bella pensata di affidare a Samuel la stesura dell’epitaffio? Poche e spirituali parole con le quali avrebbe dovuto convivere per sempre.

Salone del libro di Torino. La mossa del cavallo

Nell’accavallarsi delle notizie, non ricordo chi ha scritto: “Sicuramente, anche negli anni scorsi, andando a spulciare negli stand, qualche editore più o meno fascista lo si sarebbe trovato”. E’ probabile, ma oggi le cose sono molto diversa: l’editore Altavista è Casa Pound, e i legami fra Salvini e Casa Pound sono ufficiali: non si limitano alla pubblicazione del suo libro con l’editore fascista, ed è superfluo ricordare gli innumerevoli rapporti fra il ministro e questi fascisti dichiarati del secondo millennio. E’ evidente che la pubblicazione (e la conseguente partecipazione al Salone del libro) rientrano nella campagna elettorale di Salvini, il quale ha fatto quella mossa che nel gioco degli scacchi si chiama “gli occhialini”: mettere il cavallo nella condizione di mangiare inevitabilmente uno o un altro pezzo dell’avversario. Ecco dunque gli occhialini: se il Salone avesse accettato Altaforza, i fascisti avrebbero fatto il loro ingresso a vele spiegate, come è avvenuto (altro che andare a spulciare fra gli stand per trovarli); se decideva di non affittare lo spazio espositivo i fascisti sarebbero insorti contro la Sinistra illiberale e discriminatoria (l’editore fascista Polacchi ha già impugnato la strisciolina dell”unico Voltaire che tutti trovano nei Baci Peugina). Gli occhialini sono una trappola semplice ma senza scampo. Poteva il Salone rifiutare lo stand ad Altaforza? Teoricamente no, ma nella situazione contingente sì. Poniamo che un’emittente abbia deciso di organizzare e di riprendere una manifestazione sportiva, e che la sua deontologia preveda di non trasmettere pubblicità di sigarette. Una delle squadre chiede di partecipare ma sulle sue magliette campeggia la scritta “Marlboro”. L’emittente metterà la società sportiva di fronte a una scelta: o cambiate maglietta o non partecipate. Poiché non si poteva chiedere ad Altaforza di cambiare maglietta (il fascismo è la ragione costitutiva di questa casa editrice), non restava che rispondere: il Salone non può svolgere, nemmeno indirettamente, campagna elettorale.