Philippe Forest – 43 secondi – Sarinagara

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27 gennaio 2012

Esiste da anni un caso letterario, non clamoroso ma singolare, quello di Philippe Forest, un autore che scrive romanzi difficilmente riassumibili in un talk show televisivo; che in Francia viene pubblicato da un grande grande editore (Gallimard) mentre in Italia esce per i tipi di una casa editrice tanto elegante quanto di nicchia (Alet, di Padova); che, senza particolari sostegni mediatici, vede aumentare, di romanzo in romanzo, il numero dei suoi lettori italiani. Viene da pensare che anche in un mercato culturale come il nostro esistano ancora delle rotte misteriose grazie alle quali certi autori riescono a trovare i loro potenziali lettori coi quali instaurano un dialogo .
I romanzi di Forest nascono dall’esperienza personale e spesso si estendono a esperienze collettive, alla Storia, ma questo requisito autobiografico, comune a troppi altri narratori, non basta a spiegare perché un lettore – non necessariamente “forte” – diventi, dopo un primo incontro, “forestiano”. Anche perché il nostro autore non fa niente per conquistare il lettore; la sua scrittura include nella narrazione una forte componente saggistica inconsueta, dissonante e digressiva; quanto all’autobiografia, è lo stesso Forest a dichiarare, in un’intervista rilasciata a Gabriella Bosco per La Stampa, la sua diffidenza nei confronti di questo genere letterario: “Nel mondo editoriale fioriscono le collane di testimonianze. Ti vengono presentate come documenti di vita, letteratura non romanzesca o persino non letteratura e invece se li leggi ti accorgi che sono romanzi fin dalla prima pagina. Siccome la vita è un romanzo, ogni individuo ha diritto al romanzo della sua vita. È un desiderio legittimo. Ma nel contesto attuale questa aspirazione prende un aspetto discutibile perché si trova incanalata in un discorso di tipo psicologico, di sviluppo personale in relazione con ideologie genere new age, ‘diventate voi stessi’… Lo stupefacente è che più le persone cercano di diventare loro stesse, più finisce che diventano uguali a tutte le altre. È il meccanismo dell’alienazione proprio della società postmoderna.”

43 secondi è un radiodramma e a tutt’oggi è anche l’unica prova drammaturgica di Philippe Forest; in scena, la voce del pilota del terzo bombardiere che partecipò alla missione incaricata di sganciare la bomba su Hiroshima, si alterna a quella di una donna giapponese ignara della tragedia che si sta consumando. La scrittura di Forest costruisce per giustapposizione una sorta “dialogo impossibile” tra vittima e carnefice, sconosciuti l’uno all’altro ma componenti necessarie dell’oscena macchina della morte nucleare.
Sarinagara è un romanzo che si dipana durante un viaggio in Giappone. La perdita della figlia di quattro anni induce l’autore a misurare il suo lutto con le storie di tre personaggi che hanno vissuto esperienze tragiche: quella del poeta Kobayashi Issa (1763-1827), quella del romanziere Natsume Soseki (1867-1916), e quella di Yosuke Yamahata (1917-1966), il reporter militare che per primo entrò a Nagasaki per fotografare le vittime della bomba atomica. La seconda parte del nostro spettacolo è l’esecuzione corale del sesto capitolo del romanzo, quella dedicata a Yosuke Yamahata.

A.G

 

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