
Era bella, e recava sul suo corpo le stimmate della bellezza. Così almeno avevano stabilito quelli che l’avevano abbordata un giorno all’uscita del liceo per proporle di entrare così precocemente nel mondo degli adulti: lei, di appena sedici anni, era proprio il loro obiettivo, per questo l’aspettavano fuori, nel parcheggio, questo era il loro mestiere, trovare le ragazze, sulle spiagge o nei cortili dei licei e catturarle gettando su di loro una fitta rete alla quale, se loro avevano detto sì anche una sola volta, non potevano più scappare, come i cani randagi catturati dal laccio. Laura, come le altre, non seppe affrettare il passo per uscire dal cancello del liceo mandandoli a farsi fottere quando loro l’abbordarono direttamente, dicendo senza perder tempo: Signorina, le piacerebbe lavorare nella moda? Lei l’aveva preso per un modo divertente di attirare la sua attenzione, sufficiente per fermarsi e lasciare che loro gettassero la rete delle frasi amichevoli: se voleva andare con loro, giusto per fare qualche provino, qualche foto, così, per vedere, dopodiché avrebbe fatto come voleva… E quando, due ore dopo, si era ritrovata con un paio di biglietti da cinquanta euro in mano, se questo era il mondo della moda, beh, avrebbe firmato immediatamente. Anche perché, lo capì subito, con lei erano disposti a cacciarne di biglietti da cinquanta, Laura era la loro perla rara, quella che non si incontra tanto spesso, un genere di ragazza di cui non si sa se corrisponde ai canoni del tempo o se contribuisce a mutarli, qualcosa di decisivo come lo fu il giudizio di Paride quando scelse Afrodite dicendo: sì, è lei, oggi la bellezza è lei. E non erano ancora passati sei mesi che si incominciò a vedere Laura che esponeva le sue forme per questa o per quella marca di intimo, ben visibile sui cartelloni nelle grandi città, e sui pannelli degli autobus, mentre si allontanava ogni giorno di più dalla sua vita di liceale.
Tanguy Viel, La Fille qu’on appelle, Minuits