
“Di solito i miei romanzi partono così: ho l’idea di un tempo e di uno spazio. Il tempo può essere il Seicento, quello dell’Isola del giorno prima, per lo spazio ho lavorato su carte geografiche, e ho disegnato pezzo per pezzo la nave, interno compreso. Magari ci metto un anno o due. Si parte da un’idea seminale che viene così: un monaco avvelenato, un ragazzo che suona la tromba in un cimitero, un orologio trovato in un negozio con il tempo universale. Poi la costruzione dello spazio, dopo aver posto queste premesse, e magari inventato uno o due personaggi e dato loro un nome, ti siedi come il dio di Joyce a curarti le unghie e non ne occupi più: il romanzo va avanti da solo.”
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