Bandiere

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La prima t shirt costa 22,99 euro, un po’ più dell’altra (18, 99), ma si può capire perché su di essa si è posata la polvere delle battaglie politiche recenti: come un gagliardetto napoleonico che ha sventolato ad Austerlitz, ha il suo prezzo. La seconda è un po’ più da marciapiede e per ora non ha rappresentanza in Parlamento, ma non si può escludere che un domani i ditaioli, persa la loro giovanile baldanza (già fin d’ora, ingrati, hanno riposto quel vessillo così fortunato), verranno sfidati da un nuovo partito che li affronterà a muso duro. Si può già prevedere l’incipit del primo faccia a faccia televisivo fra i due futuri leader:
– Vaffanculo!
– Che cazzo vuoi?
Quest’ultima locuzione ha una base di consenso non meno ampia di quella del Vaffanculo. Non sono necessari dei sondaggi, lo sappiamo per esperienza personale: basta chiedere a un gruppo di schiamazzatori notturni di abbassare il volume oppure a un automobilista di non occupare un parcheggio per disabili. A Pisa, nel pomeriggio di ieri, le parole si sono trasformate in atti quando gli abitanti di un quartiere hanno chiesto a un tizio di non scorrazzare a duecento all’ora. Il centauro, sprovvisto di maglietta e forse anche di un linguaggio articolato (questi esseri mitologici sono ancora tutti da studiare), è andato a casa, ha preso una pistola, è tornato e ha ferito quattro persone. Erano i primi anni ’90 quando Umberto Bossi evocava valligiani armati e pallottole per i magistrati, e tutti (forse non proprio tutti, ma molti, troppi) si affannavano a dire che era un linguaggio figurato derivante da un eccesso di temperamento. Le parole viaggiano nel tempo e le t shirt non sono un argine di contenimento, anzi.

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