
GLI ATTORI




LO STAFF




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Subito dopo i ringraziamenti, una signora del pubblico si rivolge alla regia: “Ci rifate quello della settimana scorsa?”
foto di Domenico Conte
Fin dalle prime battute, la pièce si configura come uno scontro, dapprima circoscritto al dialogo, poi decisamente fisico. Non mancano torsioni dell’orecchio e colpi in testa, oltre a svariati e non troppo contenuti maltrattamenti. Il comico verbale si trasforma in comica finale.
Céline Lei non ha capito un accidente, deve imparare tutto a memoria… non faccia il furbo… ripeta con me… Ripeta: l’emozione la si ritrova soltanto… Dove?…
Professore Dove…?
Céline Le ho detto di non fare il furbo! Sono io che glielo sto chiedendo!… Dove?… Nel parlato!
Professore Sì, come vuole, nel parlato…
Céline … E solo a prezzo di grandissimi sforzi… al prezzo di una pazienza che un coglione come lei non riesce nemmeno a immaginare… È chiaro?
foto di Domenico Conte
Se voleste fare un’intervista potendo scegliere l’intervistatore, probabilmente ne cerchereste uno in sintonia con voi. Céline, che ha la facoltà di crearsene uno, inventa una creaturina scostante, conformista, arrivista, improbabile, e per di più afflitta da una prostata poco affidabile che crea situazioni da teatro dell’Assurdo.
Céline Per essere uno che non vuole farsi notare, ne fa di casino… infatti già c’è qualcuno che si ferma a guardare… Sto pensando di dargli un bel colpo in testa e buonanotte… ma poi l’intervista?… Non vuole proprio andare a pisciare? Sicuro?
Professore No no, è questione di un momento… adesso passa…
foto Domenico Conte
Lo spunto iniziale del testo celiniano è un’intervista scritta che dovrebbe rimettere in gioco l’autore, emarginato dalla buona società letteraria per le sue connivenze col Nazismo e col governo di Vichy. Ma lo sviluppo della pièce riserva molte sorprese, anche perché l’intervistatore (un presunto Professor Y che poi dichiara di essere un Colonnello, ma le identità slittano, in questo spettacolo) è una creatura immaginaria e imprevedibile, nata dalla mente dello stesso Céline. Nasce fra i due soggetti un rapporto tumultuoso quale può essere quello fra uno scrittore e il suo pupazzesco antagonista.
Céline Altro che fare il tonto con la testa fra le nuvole!… In ginocchio!… lei sta sabotando! Ma dove sono andato a pescarla, lei?
L’articolo mediatico (e non solo) che circola di più sui media è l’emozione, quella delle Barbare d’Urso e delle sue consorelle, quella del concorrente di Masterchef, strapazzato ma comunque grato all’organizzazione che gli ha consentito di vivere una “grande emozione”; quella del sottosegretario che inaugura un campetto di calcio in un comune che non ha mai sentito nominare, anch’egli colmo di emozione al pensiero dei bambinetti che giocheranno su quel manto erboso; perfino quella del recensore al microfono che, non trovando altro da dire, parla delle emozioni racchiuse una raccolta di poesie loffie, che nessuno leggerà mai, ma che hanno vinto non si sa quale premio. E l’emozione si ahhaccia anche nel discorso di Céline, che la contrappone al “cuore”.
Céline È una troietta, sa?
Professore Chi?
Céline L’emozione. Fa la ritrosa, la sfuggente… basta avvicinarsi un poco e subito bisogna chiedere scusa… non si lascia mica prendere tanto facilmente, la puttanella!… anni e anni ci vogliono… Sì, è piuttosto rara, l’emozione… molto più del cuore… il cuore è quella roba che gli scrittori pataccari mettono nel «periodare»… nelle «frasi che filano»… Così come le regole… Tutta roba da culo… roba da «anime belle», le pare? “un affare di culo”…
Nella Francia del secondo dopoguerra, la vita letteraria ritrova le sue istituzioni e i suoi riti, ma il tessuto del Paese è ancora lacerato dalla ferita profonda che il maresciallo Pétain ha inferto ai francesi col suo regime collaborazionista di Vichy. Si cercano capri espiatori, veri o presunti, come per cancellare nel più breve tempo possibile una macchia che dovrà invece durare per molto tempo. Louis Ferdinand Céline è un bersaglio ideale: il suo atteggiamento favorevole al Nazismo, rafforzato dai suoi libelli antisemiti e dall’aura di maledetto che lo avvolge, hanno plasmato un mostro da non sbattere in prima pagina, ma da tenere ai margini e relegare all’oblio. Contro questa condanna alla morte civile, Céline decide di reagire scrivendo Colloqui col Professor Y, e lo fa servendosi di uno strumento banale, quotidiano (talvolta anche noioso, bisogna dirlo): un’intervista letteraria che dovrebbe reinserirlo nel flusso dei media. Ma l’intervista è ambientata in un palcoscenico sul quale l’autore mette in scena un se stesso torrentizio, un Céline al quadrato che nella metamorfosi teatrale diventa maschera e parodia dell’originale; quanto all’intervistatore, è una creatura tanto inventata quanto improbabile; perfino la sua identità è posticcia e provvisoria: all’inizio è quella di un sedicente professor Y, meschino, supponente, arrivista, piccoloborghese, che successivamente si rivelerà per un ancor meno credibile Colonnello Réseda. Cos’ha a che vedere un Colonnello con la letteratura? Niente, e sembra proprio che Céline si costruisca questo interlocutore tanto estraneo e malevolo per usarlo come un punging ball mentre ricostruisce le tecniche dei suoi romanzi, distrugge gli autori patacca, si scaglia contro il sistema mediatico. Ma come ogni burattinaio finisce per essere dipendente dalla sua marionetta, così Céline si lascia trascinare dal suo Professore/Colonnello in un assurdo crescendo che travalica i confini della letteratura per giungere al comico asciutto e totale del teatro.
A.G.
Interpreti: Eleni Molos, Gianluigi Pizzetti,
drammaturgia e regia: Alberto Gozzi
Nella Francia del secondo dopoguerra, la vita letteraria ritrova le sue istituzioni e i suoi riti, ma il tessuto del Paese è ancora lacerato dalla ferita profonda che il maresciallo Pétain ha inferto ai francesi col suo regime collaborazionista di Vichy. Si cercano capri espiatori, veri o presunti, come per cancellare nel più breve tempo possibile una macchia che dovrà invece durare per molto tempo. Louis Ferdinand Céline è un bersaglio ideale: il suo atteggiamento favorevole al Nazismo, rafforzato dai suoi libelli antisemiti e dall’aura di maledetto che lo avvolge, hanno plasmato un mostro da non sbattere in prima pagina, ma da tenere ai margini e relegare all’oblio. Contro questa condanna alla morte civile, Céline decide di reagire scrivendo Colloqui col Professor Y, e lo fa servendosi di uno strumento banale, quotidiano (talvolta anche noioso, bisogna dirlo): un’intervista letteraria che dovrebbe reinserirlo nel flusso dei media. Ma l’intervista è ambientata in un palcoscenico sul quale l’autore mette in scena un se stesso torrentizio, un Céline al quadrato che nella metamorfosi teatrale diventa maschera e parodia dell’originale; quanto all’intervistatore, è una creatura tanto inventata quanto improbabile; perfino la sua identità è posticcia e provvisoria: all’inizio è quella di un sedicente professor Y, meschino, supponente, arrivista, piccoloborghese, che successivamente si rivelerà per un ancor meno credibile Colonnello Réseda. Cos’ha a che vedere un Colonnello con la letteratura? Niente, e sembra proprio che Céline si costruisca questo interlocutore tanto estraneo e malevolo per usarlo come un punging ball mentre ricostruisce le tecniche dei suoi romanzi, distrugge gli autori patacca, si scaglia contro il sistema mediatico. Ma come ogni burattinaio finisce per essere dipendente dalla sua marionetta, così Céline si lascia trascinare dal suo Professore/Colonnello in un assurdo crescendo che travalica i confini della letteratura per giungere al comico asciutto e totale del teatro.
A.G.
Céline nel métro, verso il finale. Gianluigi Pizzetti, Eleni Molos, la scenografa e costumista Augusta Tibaldeschi, attrice di complemento.
Foto dalle prove di Giuseppe Campanale.
La prova generale è stata costellata da disguidi tecnici. Nessuno ha cuore di consolarsi col luogo comune “generale tormentata, prima fortunata”; il debutto è per oggi pomeriggio alle 16 e le ore per rimediare non sono molte.
Il teatro di mattina ha uno strano sapore.
Ritorna in mente il clima della sala prove, quando tutto girava bene.
Nella Francia del secondo dopoguerra, la vita letteraria ritrova le sue istituzioni e i suoi riti, ma il tessuto del Paese è ancora lacerato dalla ferita profonda che il maresciallo Pétain ha inferto ai francesi col suo regime collaborazionista di Vichy. Si cercano capri espiatori, veri o presunti, come per cancellare nel più breve tempo possibile una macchia che dovrà invece durare per molto tempo. Louis Ferdinand Céline è un bersaglio ideale: il suo atteggiamento favorevole al Nazismo, rafforzato dai suoi libelli antisemiti e dall’aura di maledetto che lo avvolge, hanno plasmato un mostro da non sbattere in prima pagina, ma da tenere ai margini e relegare all’oblio. Contro questa condanna alla morte civile, Céline decide di reagire scrivendo Colloqui col Professor Y, e lo fa servendosi di uno strumento banale, quotidiano (talvolta anche noioso, bisogna dirlo): un’intervista letteraria che dovrebbe reinserirlo nel flusso dei media. Ma l’intervista è ambientata in un palcoscenico sul quale l’autore mette in scena un se stesso torrentizio, un Céline al quadrato che nella metamorfosi teatrale diventa maschera e parodia dell’originale; quanto all’intervistatore, è una creatura tanto inventata quanto improbabile; perfino la sua identità è posticcia e provvisoria: all’inizio è quella di un sedicente professor Y, meschino, supponente, arrivista, piccoloborghese, che successivamente si rivelerà per un ancor meno credibile Colonnello Réseda. Cos’ha a che vedere un Colonnello con la letteratura? Niente, e sembra proprio che Céline si costruisca questo interlocutore tanto estraneo e malevolo per usarlo come un punging ball mentre ricostruisce le tecniche dei suoi romanzi, distrugge gli autori patacca, si scaglia contro il sistema mediatico. Ma come ogni burattinaio finisce per essere dipendente dalla sua marionetta, così Céline si lascia trascinare dal suo Professore/Colonnello in un assurdo crescendo che travalica i confini della letteratura per giungere al comico asciutto e totale del teatro.
A.G.
Gianluigi Pizzetti (Céline) ed Eleni Molos, (Professor Y, poi colonnello Réséda)
foto di Giuseppe Campanale