L’uomo che siede su questo letto sfatto con un libro aperto in mano è uno dei grandi poeti del secolo XX. Quando vedrete il video (e davvero spero che lo facciate) scoprirete intorno a Sandro Penna un ambiente di oggetti sparsi e accatastati, come si conviene a un autore che modellò il suo cosmo su frammenti lancinanti e impalpabili. Uomo schivo, che preferiva i ragazzi incontrati nelle sue peregrinazioni ai cenacoli letterari, Penna sfoglia, anzi scorre, e legge. Legge male, finalmente (penso alle voci laccate, o felpate degli attori), legge i versi, “come sono scritti”; “ci sono dei dicitori”, ricorda, “che non fanno sentire gli a capo”. La sua voce è sgraziata, priva di compunzione e di falso trasporto: tira via. Sono arrivati quelli televisione e bisogna sbrigare la faccenda al più presto (chissà se gli avranno dato un misero gettone, speriamo di sì, dal momento che Penna era, coerentemente, poverissimo). Questo è un video da non perdere; nella sua completa noncuranza, l’autore fa giustizia di tutti i sussieghi della tv kitsch, delle trasmissioni culturali, delle divulgazioni ministeriali, e perfino (più importante di tutto) del mito del poeta. Nel suo understatement (del tutto fisiologico) spiccano per contrasto i suoi versi, refrattari a qualunque manipolazione, nella loro perfezione dalle striature dantesche, come per esempio questi:
Ecco il fanciullo acquatico e felice.
Ecco il fanciullo gravido di luce
più limpido del verso che lo dice.
Dolce stagione di silenzio e sole
e questa festa di parole in me.